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giovedì 10 agosto 2017

IL SENSO DELLA VITA







E' la domanda del millennio: qual è il senso della vita?

E almeno una volta al giorno ci poniamo questa domanda, che essa sorga spontanea o che si trovi il tempo di porcela. Le risposte? Un miliardo forse; tutte plausibili ma anche no.

Ma la vita HA un senso?

Veniamo al mondo senza che nessuno ci chieda se davvero vogliamo venirci. Sì, perché quando accade noi siamo piccolissimi, totalmente indifesi, non in grado di intendere e volere, quindi non capaci di controbattere ed esprimere il nostro eventuale dissenso all'iniziativa che, ovviamente non parte da noi, ma da noi viene supinamente accettata senza la minima possibilità di opporci.

Cresciamo - se siamo fortunati, in buone famiglie ,-  ma non ci impieghiamo molto tempo a scoprire che stare al mondo è maledettamente duro, cosa di cui non ne siamo stati informati, ma andiamo avanti lo stesso.

Ed è qui che si concentra l'interrogativo inquietante però è sempre qui che, strano a dirsi, possiamo trovare la risposta fondamentale.

Fermiamoci un attimo ed esaminiamo la nostra esistenza con calma e spirito analitico.

Non ce ne rendiamo mai del tutto conto, eppure, anche quando crediamo di avere il mondo in mano e di poter decidere al cento per cento il nostro cammino, ci troviamo invece a percorrere un sentiero quasi obbligato.


"Cosa vuoi fare da grande?" ci viene chiesto da familiari, amici, amici di familiari e familiari di amici. Le nostre scelte per il futuro vengono spesso influenzate da ciò che in cui ci imbattiamo all'esterno: il mondo reale e quello virtuale, ancor più incisivo ed invadente, che ci conduce, agendo sull'inconscio con insidiosi e perniciosi messaggi subliminali, per una strada che deve portarci verso un obiettivo ed un luogo che noi crediamo sempre essere stabilito da noi quando, al contrario, è già stato fissato non necessariamente da qualcuno.


Ma è per tutti così?


Teoricamente sì, però si può rimediare.


Se vogliamo, e se riusciamo a svegliarci dal sortilegio lanciato da ignoti sugli esseri umani, possiamo sempre prendere in mano le redini della nostra vita e condurre il cavallo dove piace a noi, a costo di scelte, non di rado discutibili.


Torniamo al senso della vita.


Ha senso vivere una brutta vita?


No, ma la si vive ugualmente, sperando in miglioramenti che spesso non arrivano mai, e questa specie di fatalismo mutua dal condizionamento, anche questo inconscio, derivante dall'educazione religiosa che dilaga fra l'umanità dotata di fede, non sempre per reale convinzione, bensì per una specie di becero automatismo.


"Se soffri in vita, vai di sicuro in paradiso dove starai bene per l'eternità" questo, più o meno è il "mantra" che sentiamo come scusante di conforto per tutte le traversie che incontriamo sulla strada della nostra esistenza. Gli Indiani ne hanno fatto una filosofia. Se in una delle tante vite te la sei spassata, nella successiva, farai la fame sul marciapiedi di una via di Calcutta. E nessuno protesta.  Ma per loro è così da millenni ... da sempre!


In Occidente è diverso, tuttavia, la differenza non è poi enorme come sembra.


Il concetto è comunque questo: se in vita triboli, alla fine avrai il premio, la medaglia di martire e godrai una vita eterna felice.


Neanche per sogno!


L'unica certezza è il riposo eterno. Il resto è avvolto nel mistero. O forse non c'è proprio. Ma se così fosse, andrebbe bene ugualmente. Una volta giunti al traguardo, gli occhi si chiudono e le funzioni vitali cessano, insieme con tutte le tribolazioni possibili ed immaginabili sopportate in vita. Anche questo è Paradiso.


Ciò che è importante però, è cosa accade prima.


Il senso della vita.


Poniamoci questa domanda specifica, scrollandoci di dosso gli orpelli religiosi o, comunque moralistici: che senso ha vivere male, se ti càpita di esserci costretto, per di più, con la prospettiva di una totale assenza di chances che ti concedano di apportare miglioramenti alla tua esistenza?


Ecco... il senso della vita è questo o, almeno, credo sia questo.


La vita ha un senso se è una buona vita. Non dico bella, ma buona. Se contiene quello che desideri, che ti rende felice ed appagato, che ti permette di raggiungere e ottenere benessere materiale e morale, non dimenticando, in ogni caso, il tuo prossimo.


Se lo vuoi, devi cercarlo e trovarlo? Sì, vero, ma vale la pena.

giovedì 30 marzo 2017

ESSERE CONSIDERATI GENI E' RISERVATO SOLO A CHI E' BRAVO COI NUMERI?




Archimede, Galilei, Newton, e ai nostri tempi, Einstein, Nash, Hawking, tralasciando, forse ingiustamente, altri nomi illustri della scienza in tutti i campi, sono considerati geni, perché? Perché sono bravi coi numeri? Intendiamoci: tanto di cappello a questi nostri simili che sguazzavano fra formule matematiche, fisiche e chimiche come pesci nell' oceano se penso che io ed i numeri abbiamo sempre camminato su binari paralleli i quali non si sono mai incontrati e probabilmente non si incontreranno mai, ma cosa dire invece di chi ha usato i suoi neuroni e le sue sinapsi per creare cose fantastiche in altri campi che non siano seminati a cifre?



Leonardo da Vinci, beato lui, era ferrato in tutti i campi dello scibile: dalla scienza, all'arte, e anche nella letteratura ma, tornando indietro nel tempo, cosa dire del Sommo Poeta Dante Alighieri che ha scritto la Divina Commedia (ok, voci di corridoio sussurrano che non l'abbia scritta con la mente del tutto libera, ma non è confermato e non è neppure un dettaglio rilevante!) in cui ha inventato di sana pianta - pescando info nelle Sacre Scritture - ben tre regni ultraterreni con tanto di scenografia, personaggi (realmente esistiti), situazioni, pensieri, sentimenti e sensazioni, regalando al lettore immagini indimenticabili, descritte in versi altrettanto memorabili che sono divenuti quasi dei tormentoni?


Manzoni ci ha fatto fremere con il suo romanzo romantico/storico raccontandoci le vicende di Renzo e Lucia; Leopardi ci ha fatto sognare e pensare con i suoi versi intensi, quasi palpabili, sebbene tristi; Giulio Verne, nei suoi "viaggi" fantascientifici, è stato profetico e infine Talkien, nel suo monumentale Signore degli Anelli, ha saputo costruire un intero universo, collocato in un'altra dimensione, con una geografia propria, una struttura sociale e politica se proprio vogliamo vederla in questi termini, narrandoci le avventure fantasy di Frodo ed i suoi amici nel tentativo disperato di disfarsi di un oggetto che potrebbe distruggere quel mondo fantastico. 

E ancora, cosa vogliamo dire di chi scrive thrillers? Un thriller può essere di amministrazione ben più difficile di un mare di formule matematiche in quanto la trama è faccenda scientifica. Alla fine tutti i conti devono tornare perfettamente e leggendo alcuni romanzi gialli, il lettore si trova spesso a chiedersi come l'autore riuscirà a sbrogliare una matassa che, a volte, è più ingarbugliata di una rete da pesca zeppa di nodi. 

Il Grande Sonno di Raymond Chandler è un intrico pazzesco di fatti che però, al termine, si sdipana in un finale che non fà una piega se si capisce cosa succede prima. 

E come non menzionare il geniale e perfetto meccanismo narrativo, congegnato da Umberto Eco nel suo Nome della Rosa, giallo passato poi al cinema con successo universale, e infine alla Storia della narrativa e letteratura di molti tempi? Ambientata nel Medioevo più oscuro, la vicenda è rischiarata tuttavia dal cervello sopraffino di Guglielmo da Baskerville che riesce a violare la labirintica biblioteca del convento in fondo alla quale si nasconde l'assassino, risolvendo l'enigma dell'ingresso e i tanti altri enigmi che Eco si è divertito a sciorinargli in tutta la trama del romanzo. 




E come dimenticare il fantastico meccanismo "a orologeria" di Assassinio sull' Orient Express e 10 Piccoli Indiani di quel genio femminile nota al mondo col nome d'arte Agatha Christie? Alzi la mano chi pensa che avrebbe potuto fare di meglio !


Non è da meno il nostro Andrea Camilleri che muove il suo Montalbano in situazioni piuttosto complicate, partendo, a volte, da dettagli, all' iniziale apparenza, poco importanti, conducendo il lettore, a piccoli passi, verso l'impeccabile soluzione finale attraverso i meandri delle indagini, non di rado piuttosto tortuosi.

 

Chi realizza film per il cinema e chi inventa ed elabora gli effetti speciali per esso non merita di essere considerato un fenomeno nell'emozionare lo spettatore proiettandolo in una dimensione onirica, cancellandogli per un paio d'ore la sconsolante realtà in cui è costretto a vivere?



Onore a chi nuota agilmente fra i numeri, ma nell'elenco delle menti illuminate io inserirei anche chi ci fa sognare con le parole, impresa, secondo me, ancora più difficile. Due più due fa quattro anche per un quasi analfabeta, ma scegliere e collocare le parole nel modo giusto per regalare emozioni non ha prezzo, né rivali. E' come scrivere una partitura musicale. Le note devono susseguirsi per creare una melodia perfetta e gradevole.

Anche questa, se vogliamo dire, è una scienza.

W gli scrittori !

Nemmeno loro possono essere presenti nelle liste di persone normali o, almeno, comuni.


Anche loro, a loro modo, sono alieni.

giovedì 2 marzo 2017

DIVINA BESTIA




In principio fu l'animale.
In mancanza di riferimenti concreti a divinità più o meno esistenti, i nostri antenati, a cominciare dai primitivi, hanno sentito la necessità di iconizzare entità superiori a loro che essi non riuscivano a vedere, ma forse percepivano a pelle o a sensitività.
In altre parole più semplici e povere, l'Uomo ha sempre cercato qualcosa o qualcuno che fosse in grado di sbrigare grane, apparentemente impossibili da risolvere per le semplici menti ed anime terrene, dando origine così al sentimento religioso o, più pedestremente, al divino o al sovrannaturale, e ha voluto raffigurarle con immagini che potessero dar loro un'idea concreta di chi stessero effettivamente adorando.
Passeggiando per la Storia approdiamo alle antiche civiltà: Fenici, Ittiti, Babilonesi ma, soprattutto Egiziani, che avevano scelto un bue, Api, ed un cane: Anubi, come materializzazione visiva di due dei loro dèi, tanto per farsi un'idea di quanto i nostri avi tenessero in considerazione le creature del mondo animale.

Nella Bibbia si legge e si apprende che, credendo di aver perso per strada il loro Dio, un manipolo di suoi adoratori lo avessero sostituito con un ovino, ricoprendo il suo vello con oro per aver qualcosa di visibile da venerare.  

Alt! Non ho intenzione di scrivere un trattato sulle religioni antiche, né tanto meno un vademecum sulle rappresentazioni delle entità divine, bensì una riflessione su come ora, nel 21^ secolo, in piena epoca tecnologica, gli umani sembrano dedicare molto del loro tempo ma, soprattutto, delle loro sostanze, agli amici quadrupedi, bipedi, pelosi o piumosi, anteponendo la loro importanza, in certi casi, a quella dei nostri simili, cadendo così in esagerazioni ridicole, patetiche e, talvolta, anche piuttosto fastidiose.

Sono la prima ad affermare che ai nostri amici non parlanti nessuno ha il diritto di far del male e che il farlo è segno di profonda e riprovevole crudeltà ed inciviltà, ma arrivare a destinare il proprio patrimonio economico al loro mantenimento piuttosto che ad un essere umano in palese necessità di aiuto, perfino il Pontefice si è espresso in tema dichiarando lui medesimo che è assurdo ed anche ingiusto.

Insomma, gente, un po' di moderazione e raziocinio non guasterebbe !

Siamo d'accordo che, a volte, gli esseri umani si comportano e reagiscono peggio degli animali, per giunta con l'uso del cervello, cosa che spinge molti a pronunciare la fatidica e ormai retorica frase: più conosco gli uomini, più amo gli animali, ma a tutto c'è un limite e qui, i limiti vengono spesso superati in un delirio di amore verso la categoria, che porta a pensare ad un progressivo e preoccupante affievolirsi della capacità di comunicazione fra di noi. La dedizione a 360 gradi verso le bestiole nasconde in realtà - e poi neanche tanto - il non saper più parlare agli umani, il non volerci più parlare per timore di essere feriti, - siamo diventati suscettibili in maniera impressionante! -  e, last but not least, l'ancor minore desiderio di crescere ed evolversi. Dedicarsi a loro h24, parlare a loro e con loro, mostrando il rifiuto del mondo umano equivale a voler uscire dal reale, sottraendosi anche alle più piccole responsabilità che la vita ci presenta. E questo non è per nulla ragionevole.


Quindi, signori, diamoci una regolata ed una ridimensionata. Occuparci ed accudire i nostri amici di cui sopra è bello e nobile, ma affacciamoci anche al balcone del nostro vicino e chiediamogli se ha bisogno di qualcosa. E se lo ha, e noi possiamo darglielo o, almeno aiutarlo ad ottenere, proviamoci! Non penso che ne trarremo un grosso danno.